Il farro è il più vecchio tipo di frumento coltivato dall’uomo. Fa parte dei grani antichi, ovvero di quelle varietà di cereale che nel corso del tempo hanno mantenuto invariato il proprio DNA, senza quindi subire alcun tipo di manipolazione da parte dell’uomo. La parola farro, come del resto anche farina, deriva dal latino far, lemma con cui si indicano tre differenti specie di cereale appartenenti al genere Triticum: il Triticum monococcum (farro monococco), la più antica forma di grano nelle coltivazioni dell’uomo; il Triticum dicoccum (farro dicocco), la specie più diffusa; il Triticum spelta (farro spelta), scarsamente diffusa.
Prima di vedere come cucinare il farro, torna sicuramente utile sapere che si tratta di un frumento che contiene numerose vitamine del gruppo B, che ha un basso indice glicemico e che il quantitativo di selenio e di acido folico di cui dispone ne fanno un alimento dalle proprietà antiossidanti. È ricco di fibre e di fosforo, e infine l’apporto calorico che fornisce al nostro organismo è da considerarsi basso, meno di 350 kcal per 100 g di prodotto.
E allora come cucinare il farro? Intanto è necessario sapere che c’è una certa differenza tra il tempo di ammollo e il tempo di cottura del farro, che dipende dalla sua perlatura e dalla sua decorticazione. Il Triticum dicoccum è presente in commercio come farro perlato – senza glumetta, la pellicola esterna del chicco – e come farro decorticato: il primo non necessita di ammollo e va bollito per un massimo di 40 minuti, il secondo deve invece stare in acqua a bollire circa un’ora e va tenuto in ammollo preventivo per 8 ore, più o meno.
La risposta immediata alla domanda su come cucinare il farro rimanda a insalate e a zuppe di vario tipo, anche se il farro è un ottimo sostituto del riso, e si presta alla preparazione di sformati e timballi. Il perlato e il decorticato possono poi essere impiegati entrambi nella preparazione del supplì: il farro perlato va lessato per una mezz’ora, mentre il farro decorticato per un’ora, in un quantitativo di acqua doppio rispetto al peso del cereale (100 g di farro = 200 ml di acqua). Terminata la cottura, e prima di procedere al condimento, il farro va lasciato riposare per una decina di minuti perché l’acqua rimanente possa assorbirsi.
E tra le tecniche che abbiamo il piacere di suggerirvi su come cucinare il farro c’è anche la tostatura, tipica del riso: non a caso infatti con il farro si possono preparare i risotti.
Da non sottovalutare è poi il farro al vapore, soprattutto se si dispone di una vaporiera dai fori piccolissimi.
In ogni caso, è importante ricordare che il farro deve essere sempre cotto da solo e mai insieme agli altri ingredienti, i quali vi si sposano in grande varietà, si tratti pure di carne, pesce o verdura, anche in piatti freddi.
E come se non bastasse, con la farina di farro, specialmente del Triticum dicoccum, capita spesso di preparare focacce, pizze e qualche dolce.
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